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La Storia del Servan di Bric Blin
La Storia del Servan di Bric Blin
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Precisamente sul bric Blin è ambientata a la storia che segue, una storia che parla del Servan, l'uomo selvatico, amico dei carbonai e dei pastori la cui indole mite sembra contrastare con l' aspetto repellente del suo volto e con i suoi sgraziati movimenti.
Sta di fatto che un tempo molto remoto, quando ancora i carbonai dei Castagnìn non erano noti, su queste montagne si stava lavorando a più di un piazzamento.
Molte boscaglie erano state tagliate durante l'autunno ed in primavera si preparavano ad ardere molte carbonaie. I gruppi di uomini che lavoravano lassù, in montagna, erano avvezzi alla fatica e per pranzo si accontentavano di una fetta di polenta.
Tra le varie postazioni esisteva una rivalità che sfociava nel manifestare la propria migliore capacità nel realizzare le carbonaie e nell' ottenere un carbone di qualità superiore.
A quell' epoca il Servan si mostrava agli uomini senza troppe difficoltà e, seppure non si fermasse a contatto con gli uomini che lavoravano, essi lo vedevano passare veloce mentre correva lungo le cime delle montagne, tra il bric Blin e il Mindino. Di qui egli attraversava il colle di Casotto e saliva verso l' Antoroto dove c'era, pare, la caverna che lo ospitava.
Una mattina, svegliatisi all' alba ed usciti dalle loro capanne, i carbonai che stavano lavorando ad una delle postazioni videro, con loro sorpresa che la catasta aveva qualcosa di diverso dalla sera precedente; guardando con più attenzione ravvisarono che durante la notte qualcuno aveva migliorato la posizione della legna, tra un tronchetto e l' altro non esistevano più spazi vuoti ma piccole scaglie di faggio otturavano le fessure rendendo l' esterno della carbonaia una superficie quasi perfettamente liscia.
Le impronte lasciate sulla tera smossa non lasciarono dubbi ai carbonai; era stato l' uomo selvatico, notoriamente esperto di tutte le arti montanare, a fare quelle migliorie.
La cosa, di tanto in tanto, si ripeteva. Quando una carbonaia non si accendeva bene, quando bruciava troppo alla svelta, quando aveva dei difetti spesso il Servan provvedeva, nottetempo, a risolvere quei problemi.
Egli non disdegnava completamente il contatto con gli uomini ma in fondo era un gran timido oltre che un perfezionista nella professione del carbonaio e quindi preferiva lavorare di notte o alle primissime luci dell' alba, quando nessuno lo stava a guardare.
Gli uomini, per molto tempo, fecero tesoro delle cose che videro e si accorsero di quanto migliorava il risultato finale seguendo le indicazioni che di volta in volta l' uomo selvatico dava loro con i suoi preziosi ritocchi.
Tuttavia essi interpretarono questo atteggiamento schivo, non tanto come una forma di collaborazione o come un tentativo di avvicinamento, bensì come il comportamento di chi sa fare bene una cosa e, pur mettendo a profitto il suo sapere, teme che le proprie abilità vengano carpite da altri.
Lo consideravano un tipo geloso della propria arte. I carbonai sapevano che il Servan era ghiotto di polenta, un alimento che egli non poteva procurarsi poiché il mais alle quote dove egli viveva non poteva essere seminato.
Essi allora, per gratificarlo, ne lasciavano su un ceppo o su una roccia nei pressi della carbonaia qualche fetta che egli immancabilmente agguantava dopo aver lavorato.
Una mattina sul ceppo dove essi avevano lasciato le solite fette di polenta, trovarono un mucchietto di carbone. All' apparenza era un carbone simile a quello che loro stessi producevano ma si accorsero subito, prendendolo in mano, che si trattava di cosa ben differente: quel carbone pesava il doppio del loro.
Provarono a metterlo sul fuoco e ravvivarono le fiamme; la resa era notevolmente più alta rispetto a quella del loro.
Era come se quel carbone, pur perdendo l' umidità del legno, ne conservase quasi intatto ilpeso, manifestando delle straordinarie carateristiche nella produzione del calore.
Si resero conto, quindi, che riuscendo a produrre un carbone così avrebbero senza dubbio raddoppiato i loro guadagni; innanzitutto perché il carbone veniva venduto a peso ed in secondo luogo perché avrebbero potuto contrattare sullo smercio di un prodotto dalle qualità eccezionali.
Portarono quel poco carbone a valle e lo mostrarono ai grossisti senza dir loro nulla sulla sua provenienza; questi ultimi furono entusiasti e, pregustando gli esiti di un buon affare, chiesero ai carbonai di produrre grosse quantità di carbone così. Ed alla svelta.
Restava da risolvere il problema di scoprire come si potesse fare per carpire il segreto al Servan.
La sera stessa essi, dopo aver cenato, prepararono una polenta intera e la misero sul ceppo accanto alla carbonaia, con accanto alcuni pezzi dello speciale carbone.
La mattina seguente videro che l' uomo selvatico aveva fatto alcune piccole modifiche alla carbonaia ed aveva tagliato dalla grossa polenta solo le due solite fette che era consueto ricevere. E la cosa si ripeté, praticamente uguale a sempre, ancora per diversi giorni.
I carbonai, però, stavano diventando sempre più impazienti. Essi non vedevano in quanto accadeva sufficienti progressi o decisive svolte verso la produzione di quel carbone speciale.
A volte, poi, accadeva che alcune notti il Servan non si facesse vivo ed allora subentrava in essi il risentimento, l' irritazione, quasi come se tutto quello fosse loro dovuto e non piuttosto il risultato di un fortunato incontro.
Uno dei capi, un giorno, ebbe un' idea balzana.
- Se quel mangiapolenta non ci vuole spiegare come fa con le buone, ce lo faremo dire con l' astuzia.
- Cos' hai in mente? - intervenne un altro.
- Se lui è l' uomo selvatico e noi selvaggi non lo siamo più qualcosa vorrà ben dire; io credo che siamo più furbi di lui.
- Hai ragione, non ci lasceremo di certo prendere in giro da quel bestione peloso....
- Stanotte lo ubriacheremo - disse il capo dei carbonai - metteremo insieme alla polenta anche un bel fiasco di vino.
- Non ne abbiamo mica molto di vino...
- E' vero, ma lo useremo bene. Se riusciremo a produrre quel carbone potremo permetterci quanto vino vorremo.
E così fecero.
Quella notte il Servan non passò dalla carbonaia, ma quella seguente si.
I carbonai rimasero svegli a turno, fino all' alba ad aspettare e quando, alle quattro di mattina lo videro comparire guardingo nei pressi della carbonaia svegliarono gli altri.
In silenzio, attraverso le fessure della capanna lo guardarono mentre abilmente sistemava pezzi di legna sulla catasta, li muoveva con grande perizia, infilava tra l'uno e l' altro delle manciate di tera che poi batteva delicatamente con le mani e girava tutt' attorno alla carbonaia quasi pronta ormai all' accensione.
Dopo aver lavorato per un' ora buona il Servan si avvicinò al ceppo dov' era la polenta e vide li vicino il fiasco. Incuriosito da quella bevanda si sedette per terra, provò a berne un sorso e sentì scaldarsi dentro come non gli era mai accaduto e la sensazione gli piacque molto.
Un boccone di polenta ed un sorso di vino entrambe le cose finirono e quando fu il momento di rialzarsi l' uomo selvatico barcollò sulle gambe, vide il cielo girare vorticosamente sopra di lui e crollò a terra.
A questo punto balzarono fuori dalle capanne i carbonai, si avvicinarono al Servan, lo sollevarono, lo misero seduto e cominciarono a fargli domande.
- Come si fa a fare questo carbone?
- Eh! allora ce lo vuoi dire o vuoi tenere il segreto tutto per te e mangiare la polenta a sbafo?
- Potrai bere tutto il vino che vuoi se ci spieghi come si fa....
Il Servan ciondolava la testa, proferendo parole confuse.
- Dai, svegliati e spiegaci quello che ci devi spiegare - disse uno dei carbonai tirandogli una secchiata d' acqua fredda in viso.
Tutti risero mentre l' uomo selvatico si stava pian piano riprendendo dalla sbronza.
Nel momento in cui tutti si aspettavano ormai che egli capitolasse all' assedio e rivelasse il segreto, il Servan si alzò e roteando le braccia fece cadere a terra tutti i carbonai che lo circondavano.
A nulla valse il tentativo di fermarlo fatto da qualcuno: la sua forza era sovrumana. Egli si liberò senza difficoltà e, lanciando un grido terrificante, fuggì nella boscaglia.
Deluso e amareggiato dall' ingordigia degi uomini, sentimento che il Servan non conosce, non si fece mai più vedere.
E di quel carbone speciale e del metodo per produrlo non si seppe mai nulla in più di quel che si poteva sapere guardando e soppesando quei pochi pezzi che i carbonai tennero, per anni e anni, a ricordo della loro misera avventura.
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